Non abbiamo bisogno di parole ridondanti per colmare i vuoti dell’esistenza; quel che manca è il significante.
Ecco la prima riflessione che mi viene alla mente leggendo i versi di Cristiano, che lui mi ha consegnato una sera, con fare minimalista come suo solito per tutto ciò che riguarda la sua produzione.
Io, non poeta, tramite le sue mani avevo avuto accesso alla sua poetica mediante i suoi primi versi, frutto di frenetica freschezza, avevo fatto qualche osservazione, consigliato la pubblicazione – che poi in effetti segu+ - sulla rivista deComporre, dedicato a lui una delle mie prose poetiche più brevi e intense.
Ora, a distanza di qualche anno, lo ritrovo in hekátē atto II, col profumo degli autori francesi che lui ama, una raggiunta maturità lunguistica – mai p(l)acata – e le sue parole-pietre scagliate con sapienza nella mente del lettore, riferimenti archetipici, ermetici. E sopra(t)tutto il suono.
Cristiano Caggiula, hekátē atto II
Unconventional Press, 2015
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